Pensieri, parole, emozioni e avventure di una studentessa for ever in giro per il mondo
martedì 20 settembre 2011
A volte ritorno!
Bea? presente!
Saramago? c'è.
Sassi?! ci siamo.
La Ruby? eia, qua...
Oh, e Mario&Mario?
Quelli è da stamattina che sono già in macchina, sono saliti per primi...
Bugia, la prima a salire in macchina è stata Bea, la bici rossa, monca della ruota anteriore che è finita cozzata dietro il sedile. Poi è stato il turno del valigione blu, che ormai ne ha viste di così tante che ha perso maniglie, ruote e tutto, ha un buco nel retro e un'aria da vecchio reduce di guerra. Buste, bustine e bustoni. Due zaini pieni di libri. Foto foto e foto. Candele, lampade, cuscini ikea. El puntero sembra una di quelle station wagon dei marocchini, prena a cuccuru come si dice e con i finestrini rotti tappati a scotch, come si dice.
E' giovedi mattina, ieri notte sono arrivata ad Alicante. Alla casa di Arenales non c'era nessuno, buio e silenzio totali, i miei fiori abbandonati ormai secchi senza possibilità di resurrezione, a meno di intervento divino. Zè si dev'essere dimenticato del mio arrivo, porca eva, mi tocca scavalcare il muro del giardino e come occhi di gatto entrare dalla finestra. Meno male qualcuno mi ha pensata e mi ha lasciato una lettera di bentornato attaccata allo specchio, in mezzo alle cartoline di Porto e della Sardegna e alle fotografie. Grazie.
Ultima notte in questa casa, la colazione la faccio seduta su una panchina in riva al mare, i bar sono ancora tutti chiusi, solo verso le nove i camerieri iniziano a sistemare i tavolini nelle terrazze. Saluto l'altalena, la spiaggia, il parchetto del jogging, le palme, le piante grasse giganti, il 37, la fontanella dove andavamo a rubare l'acqua. I chioschi dei venditori di churros hanno già chiuso i battenti con gli ultimi turisti in partenza... il rombo di un aereo squarcia il cielo, chi sarà il coglione di turno? direbbe J, ajò è ora di andare anche per me.
La prima a salire in macchina è Bea, monca della ruota anteriore.
Mario&Mario non è vero che sono saliti per primi, sono rimasti a godersi tutto lo spettacolo del trasloco, e solo alla fine si sono accomodati nel cruscotto, a fare da navigatori ben poco satellitari, con quella benda da pirati si danno un sacco di arie.
E' ormai sera, con Zè andiamo da Ruby a prendere un caffè di arrivederci, Até jà Zè, Atè jà Chia, a presto.
La strada fino a Valencia ormai la conosco come l'avemaria, si passa al confine con il regno di Castilla e La Mancha, dove non ci sono più i mulini a vento di Quijote ma le pale eoliche come vicino a Ploaghe e sui campi distese di rotoballe come nella strada per San Vero. Evito l'autostrada, prendo le provinciali. A sinistra, montagne. A destra, agrumeti e vigne a perdita d'occhio, tutto verde verde verde. L'mp3 sempre acceso, in questa macchina si canta a squarciagola finchè non cala la notte. Sosta all'autogrill per fare pipì e sgranchirsi le gambe, due tipi si girano una canna, una coppietta sta pomiciando, e io decido di passare la notte nella prossima cittadina di strada, Castellò. Pago 34euri per condividere la mia piccola singola con una giovane blatta, le cui belle speranze si spengono sotto una spruzzata di profumo D&G L'imperatrice. Una morte più che onorevole. A cena, pan, jamòn serrano y uva.
E' venerdi mattina. La Catalunya sorride luminosa e il mare splende all'orizzonte! Senza la minima esitazione Mario&Mario decidono per la rotta costiera, e così el puntero si impolvera tra gli uliveti e i mandorleti. Ci sono i vecchini che con le canne scuotono gli alberi di mandorle, sembrano mandorli, ma siamo sicuri, è questo la stagione giusta? Poi si siedono a riposare sulle pietre all'ombra, forse mangiano un fico. A tratti il paesaggio si apre a mostrare il delta del fiume Ebre, ed è un vero peccato non aver deciso di fare una deviazione più approfondita... cavolo. Al bar di L'Ampolla de mar, dove mi fermo, vedo delle bellissime cartoline di questo delta del fiume Ebre, cavolo. Chiedo informazioni, dovrei tornare indietro di un bel po' di km. Cavolo, pazienza.
A L'Ampolla trovo il mare, i vecchietti che prendono il fresco, le barche dei pescatori e le reti ripulite e messe nei cesti ad asciugare. Trovo anche un buon caffè e un dolcetto tipico con ripieno di cabello de angel, capelli d'angelo, che in tutti questi mesi di Iberia non ho ancora capito che accidenti sia, ma è buono. Come potrebbe non esserlo, con un nome così celestiale? Mi metto a girovagare tra le stradine, cercando rifugio dal sole in quelle dove degli enormi teli verdi sono stati tesi tra una casa e l'altra a tappare il cielo, a bloccare il caldo del pieno pomeriggio. Ho voglia di fare un bagno, ma mi serve la spiaggia adatta. Ci rimettiamo in marcia, a guidare è più l'istinto che altro. La visione di strade secondarie che si aprono sull'orizzonte blu sono un invito a nozze. Ne imbocchiamo una, poi un'altra, poi una secondarissima: una discesa sterrata in mezzo agli alberi si apre su una caletta con spiaggia di ciottoli, dieci persone, di cui il solito 2% di nudisti, e un cane al contrario molto vestito. Un cartello giallo ci indica che siamo nella "platja dell'Aliga", che credo in catalano voglia dire aquila, e non qualcos'altro come i lettori sardi potranno supporre. La mia divisa da viaggiatore jeans e maglietta lascia posto al costume da bagno, raccattato in un angolo del valigione blu eroe di guerra, e non ce n'è per nessuno, sono in paradiso! Mi sdraio sui sassi bollenti, sentire tutto quel calore sulla pelle è un piacere, specialmente se invece i piedi sono immersi tra le onde del bagnasciuga. Chiudo gli occhi e vorrei tanto poter perdere la nozione del tempo che passa, fermarmi in questa caletta fino a conoscerne tutti i sassolini e gli anfratti segreti.... fino a non pensare a niente. Forse ci riesco per un po', poi inizio a sentire el puntero che scalpita, i Mario che fremono, mi chiamano, bisogna ripartire. C'è tempo per un ultimo bagno, il costume si asciugherà fuori dal finestrino. Rimetto i jeans, blindo il ricordo di quella sensazione strana che ti lascia sulla pelle l'acqua di mare quando ti rivesti e penso che se anche ci fosse una doccia, non la farei, proprio per tenermi la sensazione finchè dura.
Un enorme ponte alle spalle della caletta ci indirizza verso est, strade "bianche" che si perdono in mezzo agli oliveti sul mare, uno spettacolo, e ci credo che l'olio spagnolo venga così buono! La mia vena di raccoglitrice stagionale di olive mi costringe a fermarmi, oh, ma queste olive sono già mature e BELLISSIME!!!! Non vedo l'ora di dirlo a Zia Antonia e Zia Pietrina, nostre fornitrici ufficiali di nettare verde, e rido pensando agli inevitabili, tipici commenti e alla discussione che ne verrà fuori. Arrazz'e annada occannu!!!!!
Qualcuno suona il clacson e mi distoglie da questi pensieri bucolici, in effetti la macchina è proprio in mezzo alla strada. Dopo diversi km ritroviamo l'asfalto e un cartello blu che dice Tarragona 70, e Tarragona sia! Riappaiono le montagne, le macchine, i palazzi, la civiltà... perchè questa cittadina è bella e ricca, stupendo il suo anfiteatro sul mare. E poi si sa, se vi si sono fermati i Romani, che mica erano scemi, ci doveva essere per forza un valido motivo. Il valido motivo che riempie Tarragona di turisti in questi giorni mi pare però lontanuccio dall'amore per l'archeologia, e anche se non lo conosco precisamente, credo di immaginarlo dalle decine di impianti di birra alla spina disseminati per tutte le piazze della città. Vari indizi fanno pensare a una festa di dimensioni colossali, si percepisce la quiete dopo (e prima!) la tempesta: strade e piazze tirate a lucido, secchi bastoni e scope davanti alle porte dei bar, tavolini accatastati in montagne altissime, giovani che bevono caffè mentre è quasi ora dell'aperitivo e indossando occhiali da sole strategici e sospetti.
(continua...)
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1 commento:
quasi quasi mi scende una lacrimuccia a leggere questo viaggio.... :'(
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